mercoledì 24 luglio 2013

Non è finita qui.

È passato un mese e una nuvola temporalesca di pensieri non lascia la mia testa.
Interrogarsi su quello che ho fatto, sul Camino e sul suo significato sta diventando una matassa inestricabile come il nodo di Gordio. Il problema è che non ho una spada e non mi chiamo Alessandro.
Col passare dei giorni, l'esperienza è sempre molto viva e ancora da sondare nelle tracce che ha lasciato, sia nel fisico, che nello spirito.
Troppi aspetti mi sfuggono, o non riesco a inserirli nei recinti delle mie categorie, che per quanto ampie, sono pur sempre recinti.
Già si fa strada la voglia di fare il Camino Aragonese, o nuovamente quello frances, nel convincimento che sarà comunque un'esperienza diversa, che solleticherà nuove curiosità e nuovi stimoli nella ricerca che non riesco a portare avanti.
Forse questa è una delle chiavi di lettura che più mi piace, il Camino de Santiago non suscita reazioni immediate, ma spunti per riflessioni su cui trascorrere i mesi successivi, fino a quando non si raggiunga una metabolizzazione soddisfacente, proprio in quanto è un'esperienza variabile, che non ha un percorso predefinito, ma come la retta, contiene infiniti punti fra St.Jean Pied de Port e Santiago de Compostela..

Non può piovere sempre!...........chi lo ha detto?

Dal diario del Viandante 27 maggio 2013.

Navarrete
La partenza è stata ritardata alle 7.45 da problemi di natura logistica e organizzativa, nel senso che ho aspettato che tutti/e si fossero tolt/ei dalle palle per potere finalmente usufruire dell'unico bagno con cessi annessi.
È un aspetto interessante il come molti (i più mi verrebbe da dire) abbiano la tendenza a fare con la più assoluta calma i propri porci comodi, incuranti degli altri ospiti che attendono pazientemente i proprio turno. Comunque sia, ho conquistato la mia pausa rigenerante e liberatoria. Partenza.
Esco sotto una pioggia torrenziale che mi segue per tutte le due ore che impiego per arrivare a Ventosa, piccolo borgo fornito di albergue e cafeteria, dentro la quale mi concedo una lauta, confortevole colazione.
Riprendo dopo una mezz'ora, ma la pioggia non demorde. L'unica cosa che riesce a rinfrancare l'anima sono i primi cartelli che indicano l'approssimarsi di Burgos.
La pioggia si interrompe quando entro in Najera, si affaccia un timido sole e mi viene incontro lo splendido messaggio "peregrino, en Najera eres najerino"... praticamente a casa.
La pioggia non riprende per un bel pezzo, tanto che arrivo ad Azofra asciutto.
Azofra - Albergue Municipal
L'albergue municipal è splendido, due letti per camera, bagni e docce pulitissimi...con un po' di ruffianeria riesco a farmi lavare e asciugare la roba per 1 euro.
Mangio al ristorante nascosto dietro un angolo, perchè mi sono presentato fuori orario, ma el cocinero non ha avuto cuore di dirmi di ripassare dopo 3 ore; fotografo il culo di una cicogna appollaiata sul campanile e mi ricompro occhiali e penna, entrambi dispersi nel nubifragio. sulla strada del ritorno acquisto il bocadillo della sera e poi, finalmente, vado a letto..... sono le 8.20, ma non fatevi illusioni, piove!
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La strada è lunga e bagnata.

Dal diario del Viandante 27 maggio 2013

La nottata appena trascorsa è stata teatro di un grandissimo concerto per contrabbassi russanti e sfinteri scorreggianti da parte dei francesi miei compagni di stanza. Allo stentoreo bordone adenoideo, si contrappuntava una serie di colorite flatulenze, che creavano la base sinfonica per i belati emessi dal terzo transalpino. Il concerto è stato seguito mio malgrado fino a quando "più che il dolor, potè il digiuno" e sono crollato dormiente.
Partenza da Torres del Rio
Il quarto ospite della camera è un ultraottantenne triestino, che si è strappato il bicipite sull'aereo appena atterrato in Spagna, mentre riprendeva il suo zaino.
Il medico dell'aeroporto gli ha prescritto riposo assoluto e lo ha invitato a non percorrere il Camino.
Il nostro non ha certo seguito i saggi consigli del medico e si sta facendo tutte le tappe del Camino in taxi, nella speranza che la funzionalità del braccio si ristabilisca entro Sarria, ultima partenza utile per l'ottenimento dell'agognata Compostela.
Una figura d'altri tempi, ex paracadutista, ha conosciuto padre Basso e, quindi, sicuramente anche mio padre.
Logroño
Ci salutiamo cordialmente sorseggiando una tazza di finto cioccolato del distributore automatico. Sono gli ultimi attimi di asciutto, fuori diluvia, evidentemente non si è sfogata abbastanza questa notte e quindi forti precipitazioni fino a Viana, che ben si abbinano al percorso più simile alle montagne russe che a un cammino spirituale.
La cattedrale di Viana è un bellissimo edificio gotico, pesantemente rimaneggiato in età barocca.
Mentre son lì, una signora mi presenta il parroco, che si congratula perchè faccio il Camino. Lo ringrazio un po' confuso, mi chiede la credenziale, la cerco e gliela porgo, vi appone il timbro della parrocchia, l'ambito "sello".
Il cammino continua e arrivo in prossimità di Logroño insieme a un giapponese che mi chiede notizie sulle dimensioni della città. Gli spiego che Logroño è una città molto importante del Pais Basco. Lui sorride, ringrazia e comincia a cantare una specie di mantra con voce gutturale, accelerando il passo verso la città.
Logroño - Il parco.
La parte antica di Logroño non è granchè, ma neppure deludente. Diciamo che l'aspetto della città non è strutturato per richiamare folle oceaniche di pellegrini.
Proseguo verso Navarrete, passando attraverso l'enorme parco municipale che l'Ayuntamiento di Logroño ha creato e ampliato intorno al sentiero del Camino.
Sta di fatto che arrivo a Navarrete il sesto giorno di Camino..... da non credere.
L'Albergue di Navarrete è gestito da un giovane che ci ha puntato tanto, se non tutto quello che aveva. Gentilissimo, efficiente, attento e generoso. Beviamo insieme un bicchiere di Rioja.
Chiedo informazioni per la cena. Vengo dirottato al "Patio del Camino de Santiago". Musica rock del Ligabue locale e strumenti musicali utilizzati come arredo. Una buona cena e poi a dormire, ne o proprio bisogno.


martedì 23 luglio 2013

Amicizia?

Nel social network più famoso del mondo abbiamo anche i gruppi dedicati al pellegrinaggio verso Santiago de Compostela. Mi sono iscritto a un paio e sono rimasto stupefatto dal clima cordiale che si genera quasi sempre fra gli iscritti.
Tutti parlano e fraternizzano come se si conoscessero da sempre. Viene allora da chiedersi: la famosa regola che differenzia i gradi di conoscenza dall'amicizia è valida anche nell'ambito degli umani che si cimentano nel Camino?
Istintivamente verrebbe da rispondere di sì, ma la risposta che conta è no. Un triste e inesorabile no.
Negli 800 chilometri del Camino ho incontrato moltissime persone, alcune mi hanno dato moltissimo, altre molto, altei ancora nulla, a molte (forse) ho dato io, ma la situazione è particolare e non si può in alcun modo collegare alla vita reale.
Il Camino è una specie di universo parallelo dove tutte le persone hanno un unico fine, arrivare a Santiago de Compostela. Questo lasciapassare accomuna le persone e consente il verificarsi di situazioni di reciproca assistenza e supporto che altrimenti sarebbe impensabile.
La discriminante più importante, la motivazione, non viene mai, o quasi mai, affrontata.
Quindi se la spinta è determinata da fede, moda, sport, spiritualità, evasione, vacanza o altro ancora, sembra non apportare alcuna differenza.
Ma come? anche solo nelle tipologie riconducibili alle motivazioni elencate, ci sono abissi di incompatibilità che renderebbero matto qualunque essere umano di buon senso.
Il Camino è un'esperienza che accomuna, che permette di solidarizzare, ma l'amicizia è un'altra cosa.
Ho incontrato persone sulle vie per Santiago, con le quali ho stabilito una qualche relazione, ma posso considerarle amiche? No, non posso. Ma posso sempre considerarle persone che, come me, cercavano qualcosa e forse la cercano ancora, come io ancora la cerco.
Queste persone condividono con me una curiosità e questa è una base eccellente per avviare un processo di conoscenza reciproca che potrebbe portare alla nascita di un'amicizia.
La condivisione di un momento importante della propria vita è "solo" questo, ma potrebbe diventare in futuro qualcosa di diverso. Basta che ci si muova nel senso giusto, che resta quello dell'avvicinarsi agli altri senza il timore che genera la completa ignoranza dell'altro. In questo caso, si sa che esiste un legame profondo di gioia e sofferenza, che non si può scordare, ma appartiene alla sfera ristretta delle situazioni eccezionali..


Postilla 1 - Ripensando sugli aspetti sopra descritti delle frequentazioni occasionali che si consumano lungo il Camino, mi era balenato un parallelo col cameratismo che è proprio dei commilitoni o degli appartenenti alla stessa squadra sportiva.... Ripensandoci, il parallelo non calza, in quanto i tempi di convinvenza sono assai ristretti e, comunque, non tali da permettere lo sviluppo di un sentimeno amicale.


Postilla 2 - Se non la si può assimilare all'amicizia, la frequentazione che si svolge sul Camino è comunque da considerare un sentimento dalle sfaccettature misteriose e, per molti versi, incomprensibili, la cui capacità di coinvolgimento è, comunque, elevata.

Fontane che danno vino.....

Dal diario del Viandante 26 maggio 2013


Ieri il contatto è saltato, ma possiamo sempre riassumere.
Partito da Uterga alle 7.35, passato attraverso scenari surreali di paesi pulitissimi, disabitati, o presunti tali. Sospetto che gli abitanti si nascondano vedendo arrivare i pellegrini, ogni uscita dal paese venive accompagnata da qualche rintocco di campana, che somigliava tanto a un "cessato pericolo".... ma forse è solo casualità. Sta di fatto che i paesi sembrano realmente disabitati.
Villatuerta
Alle 9.00 arrivo a Puente de Reina. Cioccolata calda, due pere (frutti), due banane, un brick di succo d'ananas (o piña, come lo chiamano qui). Faccio rifornimento d'acqua alla fonte a fianco del ponte che dà il nome alla città e via, riparto.
Passo il nulla fra un paese e l'altro, tempo nuvoloso, vento freddo. Ho avuto un'idea merabvigliosa a indossare i pantaloni corti. Intuito.
Passo dal caratteristico borgo di Cirauqui, passo un paio di fiumi e via così fino a Lorca. Ci sono due locali uguali, uno di fronte all'altro, prendo quello a sinistra e mi porto fuori il bocadillo con jamon y queso, come di prammatica. Infilo nello zainetto, faccio rifornimento d'acqua e rotta verso Estella.
Le fonti di Irache
Ma si sa quanto periglioso sia il cammino dei viandanti, l'inconveniente è sempre dietro l'angolo ed è così che a Villatuerta i miei piedi dichiarano sciopero senza preavviso. Decido di fermarmi.
"La Casa Magica" è il nome promettente del locale albergue, gestito da una brasileira e da un españolo.
Mi lavano e mi asciugano i panni, mi preparano una cena vegetariana, completa di brodo pollo e mi offrono il vino di Irache, preannunciandomi il passaggio dalle fonti che danno vino (che io pensavo fosse prerogativa esclusiva dei Castelli Romani).
La cena è una delizia, siamo min otto.... io e sette donne: due scozzesi, una delle quali aveva trascorso molto tempo a Gramolazzo per studi botanici, un'americana giovane e abbondante, che non è stata zitta un solo minuto, due londinesi del genere Adfelina e Guendalina e due anziane francesi perse nel vuoto.
La padrona del baccellaio mi mostra un libro che narra (in portoghese) la storia della sua famiglia friulana, emigrata in Brasile a fine 800, che ha fatto fortuna, lavorando sodo.
Mi ha sistemato da solo in una stanza a sei letti e, agli ammiccamenti delle signore anglofone, rispondo che normalemtne sono uso passare le notti a saltare da un letto all'altro.
Capiscono di sicuro, tanto che alle 8.30 sono a letto e poco dopo dormo come un tasso.
Alle 9.30 mi sveglia la bella brasiliana.... ma non per quello che pensate voi e che ho pensato anche io, ma solo per chiedermi se mi scocciava che sistemasse nella "mia" stanza un ciclista appena arrivato.
verso Los Arcos
Certo che no, tutti i pellegrini hanno diritto di asilo.. Per ringraziamento mi mette addosso un'altra coperta... "Es una noche muy fria".
La sveglia delle 6.30 è comandata dal vivace ciarlare delle due scozzesi e dell'americana, nella stanza accanto. Siccome sono sveglio, decido che è ora di alzarmi.
Alle 7.35 lascio l'albergue e mi dirigo verso Estella.
Il sentiero passa attraverso un fiume tramite un ponte di legno molto arcuato. Il ponte è bagnato, col risultato che una bella scivolata fa sì che le mie natiche sbattano con vigore contro il ponte stesso.
Un'esperienza propedeutica all'ingresso nella bella città di Estella.
La cattedrale di Estella è in cima a non so quanti gradini. Decido di percorrerli tutti, prima in sù, poi in giù. Dieci metri più avanti c'è l'indicazione dell'ascensore.
Lasciata la ridente cittadina di Estella, comicio la salita per Villamayor de Monjardin. È meno dura di quanto immaginassi. Arrivo e scopro che che chiese sono ciuse e i bar sono aperti.
Continuo il Camino in mezzo a una campagna sempre uguale, sotto un cielo finalmente terso e un sole gradevole. Unica nota negativa il vento che continua a essere fastidioso e freddo.
Los Arcos
Le grandi impree si svolgo così, un passo dopo l'altro....e ridendo e scherzando sono arrivato a Los Arcos, simpatica cittadino in stile spagnolo, con tanto di piazza centrale piena di tavolini con persone che bevono e mangiano. Fra loro Sergio e Sandro che si stanno preparando per arrivare a Torres del Rio (suggerendomi di fare altrettanto), ci penserò, dico mentre li saluto.
Occupo una panchina della piazza, mi levo gli orpelli, le scarpe e decido di offrirmi il pranzo.
La signora del bar mi chiede se voglio un bocadillo o un medio bocadillo. La prima che hai detto, tesoro. Ritorna con 40 cm. di pane, farcito con tortilla de patatas. Le chiedo di dividerlo a metà, una delle quali finisce nello zainetto. Mangio la metà prevista e riparto.
Le carte calcolano circa un'ora e quarantacinque di percorrenza.... lunga e diritta correva la strada.... molto più realisticamente calcolo due ore e mezza, sta di fatto che ci sbagliamo entrambi e in due ore sono a "Casa Mari" albergue di Torres del Rio. Un posto da 7 euro a notte, in un letto sopraelevato in una stanza a cinque.
Gli altri occupanti sono tre francesi e un anziano signore triestino. Mi presento, saluto e comincio a medicarmi i piedi, faccio la doccia, chiamo casa e poi mi faccio fuori il medio bocadillo superstite.
Ora potrei anche andare a vedere  la cittadina, ma la pioggia a goccioloni mi convince che è assai meglio andare a dormire. Speriamo che si sfoghi stanotte e non rompa le scatole domani (la pioggia).









venerdì 19 luglio 2013

Sulle tracce di Hemingway.





Dal diario del Viandante 24 maggio 2013

Notte fredda e umida oltre il tollerabile.
L'Ayuntamiento di Larrasoaña può gentilmente recarsi in culo.
Vero che siamo pellegrini, ma non può non esserci un limite.
Senza timore di essere smentito, posso affermare che i 6 euro per dormire nell'Albergue Municipal sono letteralmente rubati: stanze umide, letti bagnati, una sola doccia con bagno annesso per 20 persone e l'arroganza del se non vi va bene andate altrove....
Ho svuotato lo zaino e mi sono messo addosso tutti gli indumenti che avevo.... sono comunque morto di freddo.
Alle 7.20 sono in cammino sul Camino del Santiago. Passo per numerosi posti molto carini, con fiumi e torrenti a volontà, col delicato condimento di ponti medievali, abbazie, cattedrali e tutto il repertorio del caso.
La pioggia sembra avermi graziato oggi, ma dura poco. Le gocce scendono e allora mi fermo a un bar-forno improvvisato nel giardino di una casa persa nel nulla.
Una colazione così buona e così rustica per 3 euro e 50 non me l'aspettavo davvero. Forse un po' cara, ma si sa, la manovalanza costa.
Incontro nuovamente Ottavia che sta facendo la tappa con la francese che aveva dormito con noi a St.Jean. Sono contento di averla rivista, è sempre sorridente.
Pamplona
Riprendo il percorso e trovo ancora fiumi in piena, rapide, torrenti agitati oltre al solito repertorio di ponti medievali, abbazie e cattedrali risalenti agli anni bui.
Alle 11.00 arrivo a Pamplona, splendida, sotto un sole che ha finalmente vinto contro la pioggia.
Il Camino mi consente di attraversarla tutta a piedi passando per il centro.
Volevo comprarmi un cappello impermeabile, un "gorro" in sostituzione del mio fradicio copricapo, ma Gutierrez mi spara € 85.00... mi tengo il mio, si asciugherà.
In compenso, mi compro un sacco a pelo, non volgio soffrire mai più il freddo di stanotte.
All'una passo davanti all'Università e mi fermo per farmi timbrare la credenziale.
Non so come e non so perchè, ma passo dopo passo mi ritrovo a Cizur Menor, che lascio solo dopo avere fatto rifornimento d'acqua a una fonte con le conchiglie.
Alto del Perdon
Una vecchia signora ungherese mi si avvicina e mi informa che a 4 km. c'è Zuzzerella (o qualcosa di simile). Va da sé che Zuzzerella non esiste, in compenso dpo un buon numero di Km. trovo un piccolo cimitero, con un lugubre albero morto e una splendida croce al suo ingresso, in memeoria di un pellegrino belga morto in quel punto. Le palle erano troppo basse per essere toccate, ma ho toccato il ferro della croce.
Il Camino è proseguito con mille sforzi fino ad arrivare all'altopiano del Perdon, dove è situato il monumento al pellegrino più famoso del Camino de Santiago. Mi fermo a respirare, a fare due foto e a bere un po' d'acqua.
Un'indicazione informa che Uterga, il prossimo paese, è dopo 4 km. di discesa. Andiamo.
La discesa è faticosa altrettanto quanto la salita, piena di pietre instabili che provano duramente la resistenza delle ginocchia. 
L'albergue di Uterga
Finalmente siamo in piano. Prima del paese trovo sulla spalletta di un ponticello, una scarpa  trasformata in vaso da fiori. Poco più avanti una statua della Madonna e proprio di fianco un'altra croce in memoria di un altro pellegrino morto. Per i miei gusti cominciano a essere troppi.
Ancora pochi minuti e sono a Uterga. L'albergue è privato, chi mi accoglie somiglia a mia sorella e il prezzo è ragionevole: 22 euro per letto e cena, considerando che la cena era buona, le docce calde e il letto asciutto.
Ceno con Giorgia, giovane italiana incazzata che lavora in Francia, con Sandro, ex capo (ora a riposo) delle risorse umane  della FIAT. e con Sergio, bellunese trapiantato a Padova, che sta festeggiando i suoi 50 anni.


giovedì 18 luglio 2013

Non c'è rosa senza rose.




Dal diario del Viandante 23 maggio 2013

E siamo finalmente giunti nel posto dal nome impronunciabile, ma andiamo con ordine.
La teutonica organizzazione dell'Albergue di Roncesvalles è gestita con precisione cronometrica da olandesi. Con € 2,70 mi risolvono il problema del lavaggio e asciugatura deu miei panni fangosi e fradici, riconsegnandomeli dopo alcune ore (poche, in verità) in perfette condizioni. 
Sembra una notizia di poco conto, ma avere la roba pulita da indossare domani mi mette di ottimo umore e decido di prenotare la "cena del pellegrino", che detta così suona anche male, ma per 9 euro che cosa si può pretendere? 
Roncesvalles
Mentre torno all'Albergue incontro Ottavia, la giovane e temeraria ungherese che aveva scelto con altri 4 giovani di passare dalla parte alta, che mi racconta la sua avventura nella nebbia, nel freddo e nella pioggia. Una scena da Macbeth. Ho la conferma che ho fatto la scelta giusta nell'affrontare la prima tappa da Valcarlos, avventurarsi da soli in quell'inferno era oltremodo rischioso. Camminare in quelle condizioni, significava reggere il passo del capofila, o rischiare di perdersi nella nebbia.
L'Albergue di Roncesvalles ha camerate grandissime, ma ogni coppia di letti a castello, è divisa da una parteina di legno dalla successiva e contiene un armadietto per ogni pellegrino.
Nella mia "cameretta" sono ospitati, oltre al sottoscritto, un francese, un argentino e un'olandese...sembra di stare in una di quelle barzellette che ci raccontavamo alle elementari.
Verso Valcarlos
L'ora della cena (20.30) si avvicina rapidamente. Mi reco al ristorante qualche minuto prima e alla 20 e 30 in punto viene aperta la porta della sala da pranzo. Un gentile, ma risoluto cameriere ci indica i posti dove sederci, dopo averci chiesto la nazione di provenienza.
A me tocca un tavolo a due posti con un dirimpettatio di nome Bernard, un belga emigrato in Svezia da quando aveva 20 anni. Mangiamo spagnolo e parliamo in inglese e in un lampo arriviamo alle 21.30 e alla fine della cena. Si formano gruppetti ai tavoli dell'attiguo bar per la vuotatura di pinte di birra. Sono stanco. preferisco andare a letto, anche perché il portone dell'Albergue si chiuderà inesorabilmente alle 22.00 e la fortezza si trasformerà in dormitorio.
Larrasoaña
Non sono abituato ad andare a letto così presto, ma la stanchezza ha il sopravvento. Mi addormento come un sasso e mi sveglio alle 3.00. Sonnecchio fino verso le 6.00, quando devo alzarmi sul serio: le api operose sono improvvisamente tutte all'opera, scatenate e sciamano fra gli zaini e i preparativi. Non so se riuscirò ad adattarmi a questa follia, ma la morale è che alle 7.20 passo davanti al famoso cartello stradale "SANTIAGO DE COMPOSTELA 790".
Passo dopo passo la camminata di oggi si è sviluppata e, piano piano,  sono riuscito ad arrivare, ma il trauma è stato grosso.
Ad ogni buon conto, il tragitto di oggi è stato fiumi, torrenti e fango, tanto fango. Le piogge incessanti degli ultimi tempi, che certo non mi aspettavo di questa stagione, hanno reso la Navarra una specie di Svizzera bagnata con tanto di vacche al pascolo.
Il tratto più divertente di tutto questo sono i ciclisti, quelli che percorrono il Camino in bicicletta e che quest'anno riceveranno il premio nobel per l'infangamento più consistente.
Arrivo a Zubiri senza grossi traumi, dopo aver conosciuto per strada Roberto, pellegrino novarese esodato di 54 anni. Ho fame e sete e un negozio di alimentacion mi fornisce tutto il necessario per calmare questi fastidiosi sintomi.e cioé un bocadillo di jamon e queso, tre pere, una mela e un litro di succo d'arancia. Il tutto alla "modica" cifra di € 7,43. Nessuno tocchi il pellegrino.
Larrasoaña - Il pessimo albergue municipal
L'arrivo a Larrasoaña è una promessa, il paese è piccolissimo, ma molto, molto carino. Purtroppo l'Albergue è un vero cesso, umido e brutto, con troppi malfunzionamenti non risolti e una genitle signora che ti comunica che è così e che non può farci nulla, se non ci va bene, possiamo cercare altrove, che è proprio la frase che uno che si è fatto 27 chilometri a piedi vuole sentirsi dire, ma che potrebbe generare una reazione riprorevole.
 Se penso all'organizzazione perfetta di ieri e allo scempio dell'Albergue dove passerò la notte, mi chiedo dove ho sbagliato. L'Albergua Municipal di Larrasoaña è fatiscente, bagnato (invece che umido), gestito da una petulante signora navarrese che trasuda la sua arroganza di dipendente pubblico da ogni singolo poro.
Comunque sia, questo è e questo ci dobbiamo far piacere; se avessi voluto un albergo a 5 stelle, avrei dovuto orientarmi verso tipologie diverse di viaggio.

mercoledì 17 luglio 2013

Cominciano i passi


Dal diario del Viandante 22 maggio 2013 ore 6.00

Sveglia presto, lavato e vestito, preparato lo zaino, colazione con cioccolato caldo e petit pain au chocolat... caldo pure lui.
Sui Pirenei, al passo della route Napoleon è bufera anche stamani, scelgo di non rischiare, non me lo posso permettere e non seguo quei pochi giovani temerari che si avventurano nonostante le indicazioni contrarie dell'Associazione Amici del Cammino.
Mi incammino sulla D993. Sono le 7.20. Le deviazioni di percorso sono indicate in modo chiarissimo e variegato, con cartelli, piastrelle,mucchietti di pietre, frecce, cartelloni....non ci sono limiti alla fantasia.
La prima deviazione dalla D993, conduce in una dimensione svizzera: mucche e pecore in abbondanza su verdi pascoli bagnati da pioggia abbondante.
Mi imbatto in una fonte d'acqua contrassegnata da una conchiglia. Riempio la borraccia e, poiché c'è un bicchiere a disposizione, bevo.
Continuo lungo i sentieri e, improvvisamente, la Svizzera finisce e comincia un centro commerciale. Seguo le indicazioni e arrivo in Navarra.....nonostante la pioggia insistente è stato più facile del previsto, ma la mia giacca in microfibra non tiene più. Me la tolgo e la butto. D'ora in avanti userò la mantella.
Intravedo una comitiva di allegri pellegrini che prende la deviazioni per Orellana, ovvero cime tempestose..
Sono indeciso se seguirli o virare per Valcarlos, ma alla fine la seconda opzione prevale, il timore di una tormenta in quota mi impaurisce, non saprei come affrontarla. Continuo sulla carrettera nacional 135.
Arrivo a Valcarlos.
Poco dopo, la prima deviazione nei boschi spagnoli, in compagnia di "pellegrini" giapponesi e tedeschi, evidentemente non ancora informati che l'asse è finito col finire della seconda guerra mondale.
Una comitiva numerosa e compatta, ognuno col suo zainetto con tanto di conchiglia, che al confronto del mio sembrano borsellini.
All'uscita del sentiero, siamo ancora sulla 135 e il gruppo si ferma e comincia a bere e mangiare...."we're waiting for the bus" mi informa una genitle signora tedesca.
Pellegrini della fava..... a fare il percorso così sono buoni tutti... vadano affanculo, mentre la pioggia mi da un poco di tregua..
La seconda uscita dalla carrettera mi porta su di un sentiero in puro fango navarrese.
Le salite si fanno sempre più ripide e faticose e ricomincia a piovere
Gli ultimi 5 km. sembrano non finire mai....maledetta primavera.
Il tempo è dilatato, quasi immobile. L'ultima salita è dentro una nuvola. Mi fermo ogni 3 minuti per respirare. Non sono preparato per uno sforzo del genere, mentre loro sono molto preparati per me.
Un'ultima salita a gradini e sono certo che in vetta mi aspettano una croce e un centurione. Visibilità circa 30 metri. Tutto è avvolto in una nuvola di nebbia sempre più fitta.
In cima non c'è alcun supplizio, ma una chiesa impalpabile e un cartello con l'indicazione Rocesvalles km. 1,5.
Ci siamo, è tutto in discesa, dopo 20 interminabili minutivedo cmparire il tetto inconfondibile del castello-ostello di Roncesvalles.
Mi aprono, mi danno il benvenuto, mi informano su dove posso lasciare "los calzados" dove sistemare la "ropa" bagnata (dio sa quanta ne ho addosso) e mi assegnano la "cama" 201.

Le aspettative della partenza

Dal diario del Viandante 21/05/2013 ore 18.00

Siamo infine alla partenza.
Il trenino che da Bayonne porta qui, sembra un siluro, eppure ci sono momenti in cui sembra arrancare, tale dev'essere la pendenza.
Il paesaggio è bellissimo e costeggia un fiume, che potrebbe essere il Serchio se non fosse per la fittissima vegetazione che lo circonda.
Appena scendo dal treno, mi fiondo verso il Centro Accoglienza Pellegrini, dove (grazie ai buoni uffici di una gentile fanciullina ungherese - Ottavia -  che parla sia francese che inglese, ottengo la credenziale.
Gli hostal sono pieni a causa delle cattive condizioni del tempo, dal Centro ci dirottano presso un privato da € 12,50 a notte. Una sistemazione eccellente, una stanza con quattro letti a castello, occupati da me, la fanciullina ungherese, uno svizzero tedesco in procinto di cimentarsi col "Camino del Norte" e una francese.
Nella casa è consentito l'uso di cucina si decide per preparare un piatto di spaghetti con "salsa napoletana" già pronta.... questo "Camino" si sta delineando all'insegna del sacrificio.
Dopo cena faccio due passi: St. Jean è una cittadina molto carina, arroccata intorno alla cittadella medievale e piena di gente che, grazie al "Camino", fa lavorare moltissimi paesani.
I prezzi sono buoni, ma potrebbero migliorare.
Il bollettino presso l'Associazione Amici del Cammino segnala brutto tempo in quota senza segnali di miglioramento.
Mi chiedo chi me lo ha fatto fare, ma solo per pochi minuti. Vado a dormire, domani ci sarà il primo impatto e tutto lascia presagire che sarà tutt'altro che facile.

martedì 9 luglio 2013

Il Cammino per Santiago

Durante il Camino me ne avevano parlato gli statunitensi che quest'anno si erano avventurati in molti, sull'onda della spinta emotiva che il racconto cinematografico aveva creato in loro, per i sentieri che partono dalla Navarra per arrivare in Galizia, ma non lo avevo ancora visto.
Parlo del film di Emilio Estevez che ha come protagonista suo padre Martin Sheen, il cui titolo italiano è "Il cammino per Santiago".
È una bella storia collocata in maniera un po' romanzata (non potrebbe essere altrimenti) sui luoghi che vedono ogni giorno schiere più o meno importanti di pellegrini migrare verso Santiago.
Ma il motivo per cui ne scrivo è un altro, è l'emozione profonda, il groppo alla gola che la vista di quei luoghi mi ha generato.
Non avevo ancora considerato questo aspetto, lo faccio adesso.
Il film utilizza scenari che ho calpestato giorno dopo giorno, sui quali è caduto anche il mio sudore e che mi hanno generato dolore fisico e non solo fisico. le mie lacrime hanno trovato alloggio definitivo in vari punti del Camino.
La sensazione è bella, paradossalmente, anzi è meravigliosa.
Così mano a mano che le scene scorrevano ho acquisito la consapevolezza che il Camino mi appartiene e che mi sono indissolubilmente legato a sentieri, paesaggi, persone che forse non rivedò più, ma che ho visto il tempo necessario perchè si creasse quel qualcosa che troppo spesso cerchiamo senza trovare, un legame vero, profondo, in cui noi siamo noi stessi e loro (lorse) sono loro stessi, ma quest'ultimo è un aspetto marginale.
In realtà, il Camino è un viaggio alla ricerca del proprio essere, lo è per quasi tutti.
Un viaggio fatto di materia e spirito intrecciati in modo inscindibile. Un percorso che genera senso di appartenenza senza che lo si avverta, ci vuole un poco di tempo e ci si trova legati a delle radici, contenti di esserlo.

venerdì 5 luglio 2013

Le guide.

La questione "guide" mi ha sollevato un problema prima della partenza.
La domanda riguardava il documentarsi o meno e seguire le indicazioni di una guida oppure no.
La mia personalissima decisione è stata di documentarmi poco, anzi pochissimo sul percorso, e di non acquistare nessuna guida, che è stata degnamente sostituita da due fogli dei diagrammi altimetrici del Camino e un elenco di località (4 fogli)che si trova su Wikipedia, mentre vale la pena approfondire con la massima cura le argomentazioni etico-spiritual-religioso che possono indurre un bipede umano a intraprendere la via.
A Camino fatto, credo che la scelta sia stata saggia, le guide sarebbe state un inutile peso, mentre la fortificazione dello spirito ha pagato il suo debito nel momento della grande crisi.. 
Il Camino frances è segnato in modo piuttosto accurato in tutto il percorso, basta quindi seguire le frecce gialle e i mucchietti di sassi. Il percorso è facilmente individuabile e non serve a niente sapere quale sarà il nome del paese successivo, tanto lo vedremo quando ci arriveremo.
Non programmare le tappe porta grande libertà e pace interiore. Quando saremo assetati berremo (è opportuno rabboccare le borracce ogni qual volta si incontra una fonte), quando saremo affamati mangeremo (posti di ristoro esistono a intervalli più o meno regolari e comunque, nella peggiore delle ipotesi, a distanza copribile in 3 ore, niente che possa farci morire di fame) e quando saremo stanchi cercheremo un rifugio per la notte. La corsa ai rifugi "migliori", oltre che stucchevole retaggio della vacanza nel villaggio esotico, tradisce il senso profondo del Camino, i cui "Albergues" sono, per l'appunto rifugi, dove non si deve trascorrere una vacanza piacevole, ma dove si dorme e si riposa per affrontare la tappa successiva.
Ovviamente, al di là di questa "savonarolata", sostare in un "Albergue" confortevole è piacevole per chiunque, me compreso, seppure non sia mai stato un "must".

lunedì 1 luglio 2013

Chi può fare il Camino de Santiago

Prima di fare il Camino, avevo letto fiumi di parole, di consigli, suggerimenti, guide, indicazioni e chi più ne ha più ne metta. 
Poi, ho fatto il Camino de Santiago, ho percorso in unica soluzione il Camino Frances, le centinaia di chilometri che separano St. Jean Pied de Port da Santiago de Compostela, e posso affermare che ho sprecato il mio tempo. 
Lo affermo con serenità. Per fare il Camino non serve preparazione atletica, non serve pianificare, non serve nulla di quello che ci può offrire un'agenzia di viaggi. Percorrere il Camino necessita solo di preparazione spirituale e tempo.
Ho conosciuto sul percorso persone dall'età considerevole (ben oltre i miei 60 anni) che affrontavano la giornata valutando il proprio potenziale e mettendolo in campo ogni mattina, con perseveranza e tranquillità, non avevano fretta di arrivare, né di coprire distanze siderali.
Certo, la prestazione atletica non era quella degli stakanovisti da 35/40 km il giorno, ma si erano cuciti addosso il loro personale Camino e perseguivano quello, con lo spirito forte e determinato che è il componente più importante per arrivare a Santiago de Compostela soddisfatti e con la pace nel cuore.
Indubbiamente avere dimestichezza con l'arte del camminare aiuta, ma in misura decisamente meno apprezzabile di quanto non sia una preparazione dell'animo, che si troverà fortemente sollecitato dalla stanchezza, dalle avversità, quando non dal dolore fisico.
Per scelta non do consigli, ma una segnalazione sento di poterla fare. Ho conosciuto una signora che ha fatto 4 volte il camino, di cui una in inverno (!). La lezione di questa donna era che il Camino ti dice come affrontarlo ed è bene che tu segua quei segnali. Se un giorno la tua tappa è di 10 km., significa che non può essere maggiore e ti deve andare bene.
Per questo sostengo che ci vuole il tempo. Chi non lo ha, frazioni il Camino in più anni, ma se lo goda, non faccia diventare questa esperienza umana un'inutile maratona. Fermatevi, guardatevi intorno, parlate con le persone, fate frequenti pause ristoratrici nelle cafeterias che incontrerete. Il Camino è soprattutto questo, Santiago è solo il punto di arrivo, emozionante quanto si vuole, ma solo il punto di arrivo. Il Camino è tutto ciò che sta nel mezzo.