Col termine pellegrino si indica, in genere, un fedele che intraprende un cammino per finalità religiose legate alla sua salute interiore, alla ricerca della pace con l'Immanente e della salvezza eterna. Una preghiera in movimento, insomma.
Per questo motivo, quando mi trovo a parlare del mio progetto, il termine salta fuori quasi all'istante, unito a quello di pellegrinaggio, col chiaro significato di indicare l'azione che compie il pellegrino.
Uno sforzo ulteriore, potrebbe portare in un porto più sicuro e meno ovvio. Il pellegrinaggio non è necessariamente un cammino di fede, nel senso ristretto che si è voluto dare a questa parola, ma potrebbe tranquillamente essere un percorso nell'anima e per l'anima,; poiché, checché se ne dica, tutti hanno un'anima, tutti hanno quella forza interiore che ci distingue dai sassi e da tutte le altre cose.
L'anima è quell'entità che ci spinge ogni giorno ad affrontare con la dovuta curiosità la vita. Ove uno non abbia la necessaria dose di sete di sapere, subentra la sacralità e l'anima diventa il soffio di Dio, del Principio ispiratore che fa da propulsore al cammino dell'essere umano in questa terra.
Questo è il pellegrinaggio, un cammino, un percorso interiore. Niente a che fare con le camminate verso le grandi mete della Cristianità, la distanza serve a dare il tempo per pensare, serve a pregare (per chi vuole), serve per trovarsi di fronte alla vera essenza dell'individuo e imparare la lezione più complessa della vita: imparare a convivere con sé stessi. Questa è, forse, l'unica vera strada perché la Pace si alberghi in modo stanziale in noi, fino al momento in cui tutto si sbiadirà, fino a scomparire.