giovedì 26 settembre 2013

I tempi stanno cambiando?

Sono i tempi che cambiano o siamo noi? E meglio ancora, siamo noi che cambiamo i tempi o che ne siamo cambiati? E ancora di più: cosa c'entra tutto questo col Camino de Santiago.
Sono passati tre mesi dal ritorno e non si può certo dire che l'esperienza sia conclusa. Ad esempio l'idea di ripetere il Camino non è più così remota come lo era giorni fa e, seppure l'antica questione del rapporto con Dio non abbia ancora trovato una collocazione (ammesso e non concesso che la trovi mai), l'evoluzione stessa dello spirito e dell'essenza umana spinge in quella direzione.
I pensieri riescono a trovare un loro punto di arrivo e si combinano con altre intuizioni, per poi ripartire a ricomporsi con combinazioni diverse.
Ma è così, lasciando la mente libera di creare immaginazione, che ho trovato un'altra domanda al perchè il Camino, che cosa ho trovato, che cosa mi ha dato.
Il discorso è semplice e complesso allo stesso modo: il Camino de Santiago sfronda tutti gli inutili orpelli legati a una società e a un modo di vivere senza senso, per riportare l'uomo di fronte all'essenzialità della vita, come se fosse possibile ritornare alla primissima infanzia, quando mangiare e dormire erano le priorità e piangere e ridere per esprimere i propri sentimenti erano le manifestazioni principali.
Poi abbiamo imparato a complicarci l'esistenza, ma il Camino ti obbliga a fare i conti con questi aspetti della vita, perchè te li mette di fronte con brutalità.
Molte persone, da quando sono tornato, mi hanno detto di avere riscontrato accentuato il fatto che guardi gli altri quasi con commiserazione, come se fossi in un paradiso di rivelazione e gli altri nell'affannosa ricerca del senso; per dirla in parole povere e tranchant, come se io avessi capito tutto, fossi stato illuminato e gli altri no.
Può darsi che questo aspetto della mia presuzione sia venuto fuori accentuato, ho sempre guardato il mondo con l'occhio di chi sta sulla collina per allontanarsi dalle miserie umane, ma ha perso quel senso di superiorità che mi portavo dentro da sempre. Guardo le miserie umane con compassionevole carità, seppure reagisca con forza quando si cerchi di annoverarmi in valori e categorie che, malgrado tutto, non mi appartengono più.
In questo senso ripartirò per il Camino, forse il prossimo anno, forse fra due (salute permettendo) perchè l'essenzialità della vita è entrata con prepotenza fra i miei valori e questo sta destrutturando tutte le mie convinzioni, per portarmi non so ancora dove, ma di certo in un posto diverso.

giovedì 19 settembre 2013

Il Luna Park



Dal diario del Viandante

Atapuerca 31 mayo 2013

Lo chef ha proposto insalata mista, fettina con patate, dolce di riso e botta digestiva locale.
Ho incontrato il mio partner triestino, era molto abbacchiato per una bronchite, arrivata come complicazione alla sua già cagionevole situazione.
Ci siamo salutati con un po' di tristezza.
Stamani partenza meno mattutina di altre volte (8.15), dopo aver salutato un pellegrino francese divenuto ex pellegrino per la rottura di un menisco; saluto anche il commensale, inglese di Manchester, della sera prima e via on the road again.
On the road in salita, però.... un fatica infame ma per fortuna, in cima, si comincia a pianeggiare e si pianeggia fino al onumento ai 300 caduti del 36, rei di avere difeso la repubblica contro il golpe di Francisco Franco.
Si comincia a scendere, ma dura poco, si risale e si riscende... un vero luna park queste "montagne spagnole".
È evidente che quando Dio creò la Spagna, aveva terminato le pianure e ha fatto con quel che gli restava. Dopo bei 12 chilometri, si arriva a San Juan Ortega, dove cìè una splendida chiesa e un'altrettanto splendido bar dove mi posso concedere una lauta colazione, già che ci sono compro anche un panino per il pranzo, non si sa mai.
Riparto, la coscia mi duole un po' e un po' mi duole il piede.... ma insomma, alle 13.00 sono arrivato al sito archeologico di Atapuerca, patrimonio dell'umanità dal 2000.
L'albergue è molto ben organizzato, con stanze da 6 posti letto. Fuori ci sono un paio di posti dove mangiare e un paesino da fotografare, faccio fotoe torno dentro l'albergue per darmi una sciacquata prima di cena.
Mi medico il piede e telefono a Lio per i consigli medico-tecnici sul da farsi.
Vediamo che succede.... solo il tempo potrà dircelo.

sabato 14 settembre 2013

Il respiro.

Che Dio abbia alitato il suo respiro nell'ammasso di argilla che aveva in qualche modo abbozzato a sua immagine e somiglianza, dando così origine all'umanità, è raccontato dalla Bibbia, il libro scritto da segretari umani la cui mano è stata scelta e guiidata direttamente dal Creatore.
Questo particolare in un racconto che stabilisce la centralità e la supremazia dell'essere umano sugli altri esseri che pur di essere affermata con la protervia che ci contraddistingue, viene fatta discendere addirittura dal Creatore.
Ma l'immagine più forte del racconto è l'alitare il proprio respiro per dare anima a una massa di fango e renderlo vivo.... il fango, investito dall'alito divino ha preso vita e anima.
Già.... la descrizione dell'allegoria della creazione di una facoltà di pensiero forse autonomo, che è propria dell'uomo e non degli animali, perchè insufflata direttamente da Dio.
Quindi il centro dell'attenzione è il soffio, l'aria...il respiro.
L'uomo vive perchè respira e se respira bene, vive bene, se cessa di respirare, ahimé muore.
In questo la lentezza, a volte esasperante, del Camino apre orizzonti inattesi, si scopre come usare l'aria, innanzi tutto per affrontare la tremenda fatica a cui molti dei pellegrini (io in testa) non sono abituati; ma quando il fiato si fa corto e si deve comunque andare avanti, perchè la fine è a Santiago, si scopre che si può imparare a respirare, a perpetuare il miracolo dell'alito di Dio in modo autonomo, in modo tale che l'aria rivitalizzi il nostro corpo provato e lo rigeneri.
Il respiro diventa il carburante indispensabile per andare avanti e l'atto del respirare assume, giorno dopo giorno, l'importanza che la Natura gli aveva riservato, ma che la frenesia quasi folle della vita quotidiana ci aveva fatto dimenticare, o, quanto meno, fatto apprezzare in modo non adeguato.
La lentezza del Camino ci prende per mano e, quando la fatica si fa importante, ci insegna a inalare l'aria necessaria e a espirarla correttamente, in modo che i passi non siano un ostacolo insormontabile e si dispongano spontaneamente nel coprire la distanza che ci separa dal riposo.
Molti pensano che il respirare meglio da un certo punto in poi del Camino sia determinato dal maggiore allenamento. Abbiamo più volte affermato che non stiamo trattando di un'impresa sportiva, ma molto più "banalmente" di un percorso dello spirito che vede protagonisti anche persone che nulla di atletico hanno. 
Il Camino di Santiago si fa con la testa e si imparano cose che abbiamo abitualmente sotto gli occhi, ma che non vediamo perchè siamo concentrati su altri aspetti, per lo più inutili.

lunedì 9 settembre 2013

Tempistiche

Mi è capitato di incontrare sul social network, il messaggio di un aspirante pellegrino che si proponeva il Camino Frances in 23 giorni. L'impresa è fattibile, ma solo tecnicamente, lo spirito necessita di un tempo dilatato all'inverosimile..... forse non basterebbero alcuni mesi.
È chiaro che in un mondo come il nostro, questo non diventa proponibile, ma in una società passata attraverso il tritatutto del mito futurista della dinamica e della velocità, il recupero della lentezza dei passi, della fatica legata allo sforzo fisico piuttosto che a quello mentale, riporta la vita su binari che si scoprono, giorno dopo giorno, degni di essere vissuti.
Il messaggio di Santiago è chiaro, ma non tutti lo hanno percepito a pieno, io per primo. 
Mano a mano che l'esperienza si allontana mi rendo conto che Santiago è stata la scusa, il mezzo, non il fine.
Credo che sia questo il motivo per cui penso che farò ancora (se il mio fisico lo consentirà) il Camino de Santiago e lo farò nei tempi più ampi che riuscirò a ritagliarmi, il percorso interiore è ben più lungo di qualche centinaio di chilometri e non ha necessariamente una meta che si chiama Santiago. 

martedì 3 settembre 2013

E il tempo non migliora.

Dal diario del Viandante

Villafranca Montes de Oca 30 mayo 2013

La permanenza ad Azofra è stata molto buona, rispetto agli standard a cui eravamo abituati e ne siamo ripartiti con un tempo non bagnato. Camina cammina è capitato di tutto, dalla pioggerellina fitta sui campi di golf di Cirueña, alla pioggia più pesante che mi ha accompagnato fino a Santo Domingo de la Calzada, fino alla grandine, che è stata la mia scorta fedele fin quando Redecilla Del Camino non è stata in vista, cioé circa 4,5 km.
Redecilla del Camino
Mentre percorro la via principale di Redecilla, mi imbatto nell'albergue Municipal, molto pulito, motlo spartano, con personale molto cortese. Mi piace, mi fermo per farmi una doccia calda, e dormire.
La stanchezza è tale che decido che il giorno dopo Jaco-trans mi porterà lo zaino alla meta successiva.... (in telefonate vanno via € 5,00, il costo del servizio è di € 7,00, ma la stanchezza ha il sopravvento sul buon senso.).
Decido di cenare nell'albergo vicino, menù del pellegrino 10 euro. Faccio per entrare e sulla porta trovo tutto contento e sorridente il signore ottuagenario triestino, mio coinquilino a Torres del Rio, che si impossessa di me tutto sorridente.
Beviamo una birra e ceniamo insieme e.... sopresa, paga lui.
Belorado
Alle mie rimostranze (più che giustificate, credo), mi risponde con un serafico "Tu non ti ricordi, vero?"..... In effetti, non mi ricordo, che cosa dovrei ricordare? Evidentemente la domanda era stampata sulla faccia, perchè prosegue "L'altra mattina, ti sei presentato con una tazza di cioccolata calda e mi hai chiesto se la gradivo. Era quello che mi ci voleva e tu me la hai offerta spontaneamente. Ora tocca a me".

Ancora qualche rimostranza, ma inutile, e scopriamo che il mio ospite ha 90 anni, è partito da solo, contro il parere di tutta la famiglia; si è strappato un bicipite prendendo il bagaglio a mano sull'aereo e il medico dell'aeroporto gli ha impedito di fare gli sforzi che percorrere il Camino a piedi comporta..... così lui fa il Camino in taxi, sperando di rimettersi entro l'arrivo a Sarria, per poter fare gli ultimi 100 km. con le sue gambe.
Ci salutiamo, sono le 8.30 e vado a dormire. Mi addormento come un sasso.... a mezzanotte sono sveglio, ma non demordo e mi riaddormento. Insomma, fra pezzi e bocconi, arrivano le 5,30 e i solerti pellegrini cominciano i preparativi.
Sonnecchio fino alle 7.30, quando decido che è ora di andare. Mi preparo con calma, alle 8.00 lascio lo zaino per il corriere, vado a fare colazione nell'albergo vicino e alle 8.30 sono in strada, la marcia continua.
Passo attraverso campagne e paesi meravigliosi, la pioggia arriva solo un poco, in linea di massima, la camminata scorre senza intoppi meteorologici.
Villafranca Montes de Oca
La coscia sinistra mi fa male, molto male. Evidentemente quella sensazione di insensibilità che spesso provo ha una motivazione che, sottoposta a stress, diventa molto dolorosa. Il Dolere cresce e diventa insopportabile. Faccio ricorso all'antinfiammatorio che mi ha suggerito Lio e dopo poco tutti i dolori si attenuano fino a scomparire, pur permanendo una sensazione di fastidio sopportabile.
Un po' provato, nonostante l'assenza dello zaino, arrivo a Villafranca Montes de Oca alle 13,10, considerato che ho percorso oltre 24 km., 5 ore e 10 minuti sono un bel tempo.... forse sono stanco per quello.
Arrivo all'albergue San Anton Abat e, caspita, roba di lusso. Il mio zaino mi aspetta lì alla reception. Solite cose, fin quando mi accompagnano alla camera dove c'è il mio letto singolo (8 euro). Prendo possesso del territorio e mi medico i piedi..... cazzarola, ho perso l'unghia del dito piccolo del piede destro... e ora?
Metto la pomata antibiotica, lo incerotto per bene e poi lo unisco all'altro dito. Speriamo bene.
Alle 19 servono la cena per 12 euro.... vediamo che propone lo chef.